Post 04- Disordini Temporo Mandibolari, cosa sono e perchè non bisogna sottovalutarli.

Il termine "disordini temporomandibolari" o "DTM" racchiude molteplici disturbi. Vengono definiti come un insieme di malattie o disturbi correlati ad alterazioni della struttura, della funzione o della fisiologia dell'apparato masticatorio e che possono essere associati ad altre condizioni mediche sistemiche e di comorbidità.

Poiché i DTM non sono un unico disturbo o malattia, i pazienti variano notevolmente nei loro disturbi iniziali e nel tipo di professionista sanitario a cui si rivolgono per la prima volta.

Anche per questo motivo, né il modello di cura odontoiatrico né quello medico da soli soddisfano veramente le esigenze di molti pazienti affetti da TMD. La ricerca sostiene un modello biopsicosociale dei DTM che sia interdisciplinare e possa essere utilizzato in modo trasversale tra medicina e odontoiatria per concentrarsi sulla salute e sul benessere della persona nel suo complesso.

Storicamente il modello di cura odontoiatrica si è concentrato principalmente sul ripristino fisico della normale anatomia e del movimento delle strutture facciali, dei denti e del morso; in passato, quindi, i DTM erano considerati come ambito principale della pratica odontoiatrica. Di conseguenza, le alterazioni occlusali e gli apparecchi intraorali (spesso chiamati paradenti o bite orali) sono stati quasi sempre il punto di partenza in odontoiatria per affrontare il dolore o altri problemi legati ai DTM. I pazienti che non trovavano sollievo con queste misure venivano spesso indirizzati ad un chirurgo orale e maxillo-facciale per un'intensificazione delle cure (intervento di artrocentesi per la maggior parte delle volte).

Ad oggi non è stata trovata correlazione diretta tra DTM e malocclusione, di conseguenza, il trattamento ortodontico non previene l’insorgenza di un DTM. (Clarke, 1982; Mohl et al., 1988; Zarb et al., 1994; Tallents et al., 2000; Fricton, 2006; Klasser e Greene, 2009; Manfredini

et al., 2012; Türp e Schindler, 2012).

Non esiste una casa medica specifica per la cura dei DTM; tuttavia, molti settori sanitari sono rilevanti per la cura dei pazienti con DTM: tra cui dentisti che si occupano di DTM e dolore orofacciale, chirurghi orali e maxillo-facciali, la fisioterapia, la salute comportamentale, la psicologia clinica, la chiropratica, la terapia del dolore ed infine l’osteopatia.

Non esiste uno schema di riferimento standardizzato per l'incremento della diagnosi e del trattamento.

 

La maggior parte dei disturbi del sistema masticatorio rientra in due gruppi: quelli associati al dolore e quelli associati ad alterazioni funzionali o strutturali dell'ATM (che possono anche includere il dolore) (Scrivani al. 2008; Schiffman, 2008).

Ognuno di questi due gruppi principali comprende disturbi comuni, i quali rappresentano la complessità nella diagnosi e nel trattamento del paziente

 

Queste descrizioni presentano caratteristiche facilmente riconoscibili piuttosto che criteri diagnostici specifici e si distinguono tra:

-DOLORE MIALGICO O MIOFASCIALE

-ARTRALGIE

-CEFALEA SECONDARIA AL DOLORE TEMPOROMANDIBOLARE

-DISORDINI DEL DISCO

-PATOLOGIE DEGENERATIVE DELL’ARTICOLAZIONE

-LUSSAZIONE O SUBLUSSAZIONE DELL’ARTICOLAZIONE

 

Bisogna sottolineare che i DTM sono spesso disturbi complessi che possono avere componenti multi-sistemiche e condizioni mediche multiple in comorbidità, vale a dire che spesso un paziente ha più diagnosi in contemporanea (per esempio, mialgia e dislocazione del disco), non è insolito che un solo individuo abbia dolore miofasciale, artralgia, dislocazione del disco con riduzione e cefalea.

Tale sovrapposizione può rendere difficile distinguere quale problematica sia primaria e di conseguenza quale sia l’obiettivo migliore per il trattamento.

 

 

L'approccio biopsicosociale è largamente utilizzato perché è un modello ampio, in grado di comprendere la gamma dei DTM e di applicare le migliori soluzioni mediche, odontoiatriche, manuali e molti altri campi addetti alla cura di questi disturbi.

Questo approccio riconosce che i DTM non sono una singola entità, difatti essi hanno spesso cause diverse (ad esempio, traumi, genetica, eziologia ambientale) che colpiscono parti diverse del sistema masticatorio e potenzialmente altri sistemi corporei, di conseguenza richiedono multiple modalità di trattamento.

 

PREVALENZA: un'analisi ha riscontrato che circa 11,2-12,4 milioni di adulti statunitensi (4,8% della popolazione) nel 2018 avevano dolori nella regione dell'articolazione temporo-mandibolare (ATM) che potrebbe essere correlato ai DTM (Slade e Durham, 2020) con una prevalenza quasi doppia nelle donne rispetto agli uomini (Bueno et al., 2018). Sulla base di queste informazioni, è probabile che i DTM siano il tipo di dolore cronico orofacciale più diffuso, tanto da

essere paragonabili in termini di prevalenza ad altre condizioni di dolore cronico, quali la fibromialgia, la lombalgia cronica e l'emicrania.

Nel 2017-2018 la prevalenza nel periodo di 3 mesi dei sintomi di dolore orofacciale, secondo la National Health Interview Survey (NHIS), differiva sensibilmente in base a età, sesso, razza e reddito. In particolare, la prevalenza era circa due volte più alta nelle donne rispetto ai maschi. È stata riscontrata una prevalenza maggiore nei soggetti di età compresa tra i 45 e i 54 anni e minore sia nei gruppi di età più giovani (18-24 anni) che in quelli più anziani.

 

COMORBIDITÀ: Uno studio effettuato nel 2011 ha mostrato una significativa comorbilità dei DTM con diverse altre condizioni di dolore, tra cui mal di schiena, cefalea e sindrome dell'intestino irritabile (Ohrbach et al., 2011). Analogamente, uno studio d'analisi dei dati dell'NHIS ha rivelato un rischio significativamente maggiore di DTM tra i soggetti con cefalea, dolore al collo, lombalgia o dolore alle articolazioni (Maixner et al., 2016). Altri studi hanno rilevato che tra persone con fibromialgia, mal di schiena, cefalea, sindrome dell'intestino irritabile, sindrome da affaticamento cronico e vulvodinia, la probabilità di avere un DTM sia significativamente maggiore rispetto alla popolazione generale (Aaron et al., 2000; Whitehead et al., 2002; Wiesinger et al., 2007; Nguyen et al., 2013; Robinson et al., 2016; Florencio et al., 2017; Gallotta et al., 2017).

Inoltre, i DTM sono sostanzialmente più diffusi nei pazienti con artrite reumatoide rispetto alla popolazione generale (Bracco et al., 2010; Mortazavi et al, 2018).

Il DTM è stato associato a molteplici sintomi otologici, quali acufeni e vertigini (Porto De Toledo et al., 2017; Manfredini, 2019).

Recenti studi hanno riportato associazioni bidirezionali tra acufeni e DTM: con l'acufene che è sostanzialmente più frequente in pazienti con un DTM rispetto ai controlli e con DTM più comuni tra gli individui con acufeni rispetto a quelli senza (Bousema et al, 2018; Omidvar e Jafari, 2019). Inoltre, la gravità e la durata del dolore da DTM sono state correlate all'acufene in alcuni studi (Hilgenberg et al., 2012; Akhter et al., 2013).

Anche altri sintomi otologici sono stati associati ai DTM oltre all’acufene, tra cui perdita dell'udito e vertigini (Pekkan et al., 2010; Effat, 2016).

 

 

Nel caso della funzione biomeccanica dell'ATM e del dolore orofacciale, la ricerca ha dimostrato che le alterazioni patologiche dei tessuti dell'articolazione, come ad esempio la

degenerazione dei tessuti dovuta al sovraccarico dell'ATM, alterano l'ambiente biochimico dell'articolazione e hanno un certo grado di impatto sulla mediazione dei processi di segnalazione periferici e centrali che avviano e mantengono il dolore (Sperry et al., 2017).

Tuttavia, la presenza di degenerazione non equivale alla presenza di dolore, il che supporta il concetto che anche altre vie biochimiche potrebbero essere influenzate da cambiamenti biochimici degenerativi e giocare un ruolo (ad esempio, le citochine infiammatorie) nella generazione e nel mantenimento del dolore (Sperry et al., 2017).

 

RUOLO PSICOEMOTIVO: I disturbi temporomandibolari sono stati inoltre studiati sotto un punto di vista psicoemotivo, nello studio di Nascimento et al. 2020, infatti, Ratti Wistar maschi adulti sono stati utilizzati in un modello sperimentale di infiammazione dell'articolazione temporomandibolare. Nei risultati dello studio è emerso come diversi nuclei dell'amigdala, così come porzioni dei nuclei della radice dorsale, sono stati attivati nella fase persistente (10 giorni) dell'infiammazione dell'ATM. In conclusione, è stata rilevata un'attività alterata dell'amigdala e della radice dorsale durante la nocicezione infiammatoria persistente nell'articolazione temporomandibolare. Queste regioni possono essere essenziali per le dimensioni sensoriali e affettive del dolore orofacciale.

Lo studio è sorprendente, perché si è sempre pensato che l’amigdala fosse attivata dal Vissuto, non dal dolore o discomfort del nervo trigemino (nervo responsabile delle segnalazioni di dolore in zona orofacciale) (Levy et al., 2018).

 

AMIGDALA: Un complesso nucleare localizzato vicino all’ippocampo, nella porzione frontale del lobo temporale

- è coinvolta nella formazione e nell’immagazzinamento delle informazioni legate a eventi emozionali

- facilita la formazione di memoria a lungo termine

- converte e trattiene l’apprendimento della risposta al piacere

- aiuta a riconoscere situazioni di pericolo

 

Quindi, eventuali danni all’amigdala, dovuti ad iperattività, possono comportare ansia e depressione, ledere memoria, sensibilità emotiva ed apprendimento.

Un continuo messaggio di dolore da parte dell’amigdala tende ad influenzare la corteccia prefrontale, il cui risultato è la modificazione di alcuni tratti della personalità gestita dai lobi frontali

-memoria (smemoratezza)

-linguaggio (tendenza alla volgarità)

-interazioni sociali (difficoltà)

 

Queste considerazioni sono ancora di più allarmanti se si considera le conseguenze che ha portato alla nostra società la situazione pandemica degli ultimi due anni. Colonna et al. 2021, ha voluto esaminare nel suo studio gli effetti del Covid-19 sui disturbi temporomandibolari e psicologici.

Dallo studio è emerso che: quasi la metà dei soggetti ha riferito un aumento dei comportamenti bruxisti, mentre fino a un terzo ha riferito un aumento dei sintomi che coinvolgono l'ATM e i muscoli della mascella. In particolare, il 36% e il 32,2% dei partecipanti ha riferito un aumento del dolore all'ATM e ai muscoli facciali, rispettivamente, e quasi il 50% dei soggetti ha riferito anche emicranie e/o mal di testa più frequenti.

 

LA DIAGNOSI

 

I molteplici tipi di DTM citati in precedenza e le numerose comorbilità spesso riscontrate nei pazienti hanno rappresentato una sfida per professionisti e medici per decenni, proprio a causa di ciò, la corretta diagnosi è il primo ostacolo che l’operatore deve affrontare.

L’operatore inoltre è bene che mostri empatia al paziente già dall’inizio: i pazienti affetti da dolore orofacciale cronico hanno affermato che è importante che gli operatori sanitari siano empatici anche quando non si riesce a trovare un trattamento efficace (Breckons et al., 2017). Ma perché?

Perché le persone con un DTM possono essere stigmatizzate per diversi motivi, tra cui il dolore cronico (e le sue conseguenze spiegate nell’articolo sulla Fibromialgia), i problemi di masticazione o di linguaggio e alterazioni dei tratti espressivi del viso.

Poiché il dolore è invisibile, una parte dello stigma deriva dalla sensazione di non essere creduti.

 

Una valutazione clinica per i DTM dovrebbe includere il colloquio con il paziente per ascoltare l'anamnesi dei sintomi e dei problemi, test speciali, un esame come la diagnostica per immagini, quando indicato (la Risonanza Magnetica è la più indicata), e una valutazione psicosociale. (Schiffman et al., 2014).

L'esame deve valutare la simmetria facciale e i tessuti molli extraorali, la mobilità della mandibola e l'impatto funzionale (ad esempio, apertura limitata della bocca), eventuali disturbi del disco (rumori dell'ATM, deviazione dei condili durante l'apertura in fase acuta) e l'insieme dei disturbi tramite anche la palpazione.

Un'adeguata anamnesi del dolore, inoltre, fornisce il necessario livello di dettaglio per ciascuno dei seguenti attributi: tempistica (insorgenza, durata, periodicità), localizzazione e irradiazione, qualità e gravità, fattori che alleviano e aggravano il dolore (ad es. cibi caldi o dolci, masticazione prolungata, mangiare, lavarsi i denti, toccarsi il viso, le condizioni atmosferiche, l'attività fisica, la postura, lo stress e la stanchezza), fattori associati (ad esempio, il gusto, il flusso salivare, lo stringere, l'abitudine al bruxismo, il blocco o lo scatto dell'articolazione della mandibola, l'alterazione della sensazione e i sintomi nasali, oculari o auricolari), altre condizioni di dolore (ad esempio, mal di testa, mal di schiena, dolore cronico diffuso e fibromialgia) e altri aspetti del dolore (ad esempio, sonno, umore, concentrazione, convinzioni e qualità della vita).

 

LA PREVENZIONE

 

Alcuni soggetti affetti da DTM riferiscono una storia di disfunzione meccanica dell'ATM non dolorosa e di rumori articolari, spesso in età adolescenziale.

Mentre molti pazienti che descrivono questi risultati non progrediranno verso DTM, alcuni individui invece sperimentano un'escalation significativa del dolore e della disabilità senza un evidente impulso o evento esterno.

Le strategie di prevenzione primaria quindi si sono concentrate principalmente su comportamenti dietetici: come mangiare cibi morbidi ed evitare alimenti come mele o panini di grandi dimensioni che richiedono un'apertura eccessiva della mandibola in fase acuta. I cibi grossi è bene spezzettarsi in piccoli pezzi e masticarli con entrambe le arcate

I pazienti devono imparare a tenere i denti superiore e inferiori leggermente distanziati tra di loro nelle posizioni di riposo, non in occlusione.

La posizione di riposo mandibolare può essere determinata chiedendo al paziente di pronunciare più volte la lettera “N” e di mantenere la lingua dietro gli incisivi superiori con le labbra in leggero contatto.

Insegnare al paziente piccoli trucchetti quali:

-Quando sbadiglia, far mettere un pugno sotto il mento per non effettuare un’apertura eccessiva della mandibola dolorante

-Non farlo dormire a pancia in giù

-Fargli correggere eventuali problematiche di deglutizione atipica (se necessario con l’aiuto di una logopedista)

La prevenzione deve avvenire dopo la diagnosi. In un paziente che ha già sviluppato i sintomi di un DTM, la strategia di prevenzione diventa mirata a evitare la progressione del disturbo da un problema localizzato all'ATM a una condizione di dolore sistemico che interessa anche regioni del corpo al di fuori del viso.

Questo approccio di prevenzione secondaria richiede una stretta collaborazione tra l'individuo e il suo operatore sanitario per evitare il sovra-trattamento o l’aggravamento di DTM.

 

 

TRATTAMENTI

 

Dando un riassunto sui dati pubblicati nelle banche di ricerca, i trattamenti presenti in questa sezione sono organizzati per tipo di intervento come segue:

(1) Autogestione/Psicologia

(2) Fisici

(3) Complementari

(4) Farmacologici

(5) Interventistici

 

 

1)L'autogestione, da sola o in combinazione con altri trattamenti, è una chiave di volta per la cura di molte patologie croniche, tra cui i DTM (Dworkin et al., 2002; Türp et al., 2007; Greene, 2010; Kotiranta et al., 2014). L'autogestione si riferisce ai compiti che un individuo svolge per convivere con una condizione cronica (Adams, 2010).

Quando si pensa all'autogestione dei DTM, i compiti che è importante considerare sono quelli relativi alla gestione medica (ad esempio, prendere i propri farmaci, fare esercizi di posizionamento della mandibola e tornare alle visite di controllo), tuttavia sono molto utili anche l'utilizzo di strategie di meditazione o di rilassamento (esercizi di respirazione diaframmatica 5 minuti ogni 2 ore), senza contare il cosiddetto “peer-guided self-management”, ovvero l’autogestione guidata alla pari, dove persone con lo stesso disturbo discutono sul loro problema.

Approcci guidati da un terapeuta invece, spesso uno psicologo, hanno il vantaggio di essere guidati da un professionista della salute. Un professionista è spesso in una posizione migliore per fornire un feedback competente e di raccomandare approcci nuovi che i partecipanti potrebbero non aver considerato.

Alcuni esercizi assegnati a seconda della problematica possono essere:

-Automassaggio della muscolatura masticatoria (>> m. temporali e m. masseteri)

-Applicazione cuscinetti di calore umido sui muscoli dolorosi (20 min/gg)

-Stretching (movimenti passivi in apertura ogni 2h, tenendo mandibola tesa per 1 minuto)

-Esercizi di coordinazione (Apertura e chiusura monitorata con indice per 20 volte)

 

2) L’approccio Fisico tramite:

 

- Apparecchi intraorali, ovvero i dispositivi fabbricati in laboratorio che si inseriscono sui denti, conosciuti con un'ampia varietà di nomi: come stecche, apparecchi di stabilizzazione, stecche occlusali, apparecchi occlusali, stecche interocclusali, stecche completamente stabilizzazione, stecche occlusali, apparecchi occlusali, stecche interocclusali, stecche completamente bilanciate, bite di riposizionamento, bite per bruxismo, guardie notturne ecc…

Il trattamento con l'apparecchio intraorale è nettamente diverso dai trattamenti che modificano l'occlusione (ad esempio, l'aggiustamento occlusale).

L’effetto del meccanismo d'azione degli apparecchi intraorali non è chiaro. Quando vengono utilizzati durante il sonno, si pensava inizialmente che bloccassero il bruxismo notturno, ma è emerso che il comportamento bruxista diminuiva per alcuni individui, è rimasto invariato per altri, ed è aumentato per altri ancora e questo indipendentemente dal miglioramento dei sintomi (van der Zaag et al., 2005).

Tuttavia, da una meta-analisi del 2017, che ha incluso 30 studi randomizzati e controllati, è stato riscontrato che i bite intraorali hanno benefici a breve termine sulla riduzione del dolore e sull'intensità del dolore, ma non ci sono differenze nei risultati a lungo termine con altri tipi di trattamento (Kuzmanovic Pficer et al., 2017). In sintesi, la terapia con bite intraorale può conferire un piccolo beneficio per la gestione del dolore nei soggetti affetti da DTM.

 

-Esercizi: L'esercizio fisico è considerato un trattamento di prima linea nella gestione

terapia fisica dei DTM (Kia and Choy, 2017).

Esercizi di rafforzamento della mandibola: Alcuni studi sostengono l'efficacia degli esercizi di rafforzamento e resistenza della mandibola, con o senza esercizi di stretching, nel migliorare il dolore, l'apertura della mandibola e i suoni/scricchiolii dell'ATM (Haggman-Henrikson et al., 2018; Wanman e Marklund, 2019). Esercizi di protusione e lateralità, quest’ultimo con l’utilizzo di un abbassa lingua, in modo da stimolare la propriocezione dei movimenti di lateralità grazie alle efferenze occlusali.

 

-Terapia manuale: L'obiettivo della terapia manuale è quello di aumentare il movimento mediante

stiramento dei tessuti molli e dei muscoli che circondano l'articolazione. Recenti evidenze

suggeriscono che la terapia manuale agisce anche direttamente sull'attività dei nocicettori e del sistema nervoso centrale per ridurre il dolore (Martins et al., 2011, 2012, 2013). Lo stretching dei tessuti periferici può ridurre l'infiammazione, rimodellare la struttura del tessuto connettivo dei fibroblasti e aumentare l'espressione dei geni di guarigione muscolare (Langevin et al., 2013;

Berrueta et al., 2016).

Poiché lo stretching dei tessuti periferici è una componente attiva della terapia manuale, questi meccanismi possono essere particolarmente importanti nella risoluzione di un DTM con una componente infiammatoria o connettivale periferica.

Una recente revisione sistematica ha rilevato che la terapia manuale (mobilizzazione dei tessuti molli e movimenti articolatori) può produrre una riduzione clinicamente significativa del dolore (Armijo-Olivo 2016).

La terapia manuale e l'esercizio fisico sono spesso combinati; nessuno dei due viene frequentemente

spesso come trattamento a sé stante. La revisione di Armijo-Olivo e colleghi (2016) ha esaminato i dati di sette studi e ha dimostrato che la terapia manuale e l'esercizio fisico hanno ridotto i sintomi dei DTM e ha aumentato l'apertura della bocca e l'ampiezza di movimento.

 

In ATM si consigliano cicli di 6 sedute, 1 a settimana.

 

 

L’Osteopatia è una terapia manuale, per cui viene compresa ovviamente in questo capitolo.

Tuttavia, nel corso degli anni, molti osteopati hanno dimostrato, pubblicando studi di ricerca l’enorme impatto del trattamento osteopatico su questo tipo di problematica.

Tra i quali la dott. Viola M. Frymann ha pubblicato informazioni specifiche relative ai principi osteopatici e alla relazione tra il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) e la gestione del TMD e delle strutture associate; ha compreso il ruolo del trauma e della malocclusione nel TMD,

e raccomandava di eseguire l'OMT prima di ogni trattamento ortodontico o odontoiatrico, in modo che tali trattamenti venissero sempre applicati a strutture mantenute nel miglior movimento fisiologico possibile.

 

 

3) Complementari: La stimolazione elettrica transcutanea dei nervi (TENS) è una forma di neuromodulazione che applica corrente elettrica attraverso la pelle per controllare il dolore.

Un singolo trattamento di TENS a bassa frequenza con stimolazione sensoriale o motoria riduce l'attività EMG dei muscoli masticatori in modo simile e migliora l'apertura della bocca (Monaco et al., 2013). Inoltre, due trattamenti TENS della durata di 30 minuti in combinazione con il trattamento farmaceutico forniscono un ulteriore sollievo dal dolore rispetto al solo trattamento farmaceutico (Shanavas et al., 2014).

 

4) Farmacologici: Le farmacoterapie raccomandate per i pazienti affetti da DTM si basano in genere su farmaci che si sono dimostrati efficaci per altre condizioni muscoloscheletriche o per stati di dolore neuropatico.

Gli agenti farmacologici comunemente raccomandati per i DTM, sulla base del parere di esperti, includono acetaminofene, farmaci antinfiammatori non steroidei (NdT) e antinfiammatori non steroidei (FANS), corticosteroidi, antidepressivi, anticonvulsivanti, benzodiazepine, miorilassanti, analgesici oppioidi, antidepressivi triciclici e topici.

Inoltre, la cannabis medica è stata proposta per ridurre il dolore e potenziare gli effetti di altri regimi di controllo del dolore per diverse condizioni dolorose (Hill et al., 2017). La maggior parte delle ricerche sulla cannabis non riguarda i DTM.

Uno studio, tuttavia, ha esaminato l'utilità dei cannabinoidi, i componenti attivi della cannabis, per

la nocicezione legata all'ATM nei ratti; i cannabinoidi hanno potenziato gli effetti di altri farmaci nel ridurre il dolore infiammatorio dell'ATM (Lee et al., 2008).

 

5) Interventistici: Artrocentesi e artroscopia

Nei pazienti che non hanno ottenuto sollievo o che non sono candidati al trattamento non invasivo, può essere indicato un trattamento chirurgico minimamente invasivo, il più semplice è l’artrocentesi.

Le indicazioni per l'artrocentesi includono l'identificazione di una patologia intra-articolare, come una lussazione del disco, in combinazione con dolore o disfunzione articolare; l'intervento prevede l'inserimento di un ago nello spazio superiore dell'ATM, seguito da un lavaggio dell'articolazione.

È stato dimostrato che l'artrocentesi sia efficace per alleviare il dolore e migliorare l'apertura della bocca in pazienti con dislocazioni del disco temporo-mandibolare (Nitzan et al., 2017), anche se i suoi benefici possono diminuire dopo 6 mesi (Bjørnland e Price, 2017).

 

 

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