Post 07- Osteopatia come prevenzione per gli infortuni muscolo-scheletrici sul lavoro.

I costi diretti e indiretti dei disturbi muscolo-scheletrici legati all'attività lavorativa sono, secondo uno studio svolto in America, almeno pari a quelli del cancro (1). Questi costi si ripercuotono sulla nostra economia, con una parte sostanziale a carico dei datori di lavoro, che devono coprire le spese di cure mediche, la perdita di produttività, l'assenteismo, l'assunzione e la formazione di personale (2).

Tuttavia, non tutti i settori coprono le spese per i disturbi muscolo-scheletrici legati al lavoro, gran parte dei costi è a carico dei lavoratori stessi e alle loro famiglie (3).

 Analizzando meglio i disturbi muscolo-scheletrici legati al lavoro, la loro causa si può attribuire a infortuni da uso eccessivo e infortuni da sovraffaticamento (4).

Gli infortuni da uso eccessivo, altrimenti noti come infortuni da sforzo ripetitivo, attribuiti a movimenti ripetitivi, forzati o maldestri (7-8) comprendono una vasta gamma di disturbi infiammatori e degenerativi (5), ad esempio la sindrome del tunnel carpale, la sindrome da impingement della spalla, epicondilopatia laterale e tendinopatia del polso o della mano (6).

Gli infortuni da sovraffaticamento invece, si verificano quando viene esercitata una sollecitazione eccessiva su muscoli, legamenti o tendini durante un movimento contrastato, ovvero il sollevamento, la spinta, la trazione o il trasporto di pesi che superano le capacità di una persona (7).

 Ho ritenuto molto interessante analizzare la revisione sistematica proposta da Price J.W. 2021, il quale propone l’uso dei cinque modelli di cura osteopatica per illustrare come i processi cellulari e i riflessi neurali interagiscono per creare la patologia muscoloscheletrica correlata al lavoro e fornire raccomandazioni per la prevenzione delle lesioni muscoloscheletriche e delle disabilità (9).

 

I 5 modelli osteopatici sono i seguenti:

-Modello Biomeccanico-Strutturale

-Modello Neurologico

-Modello Energetico-Metabolico (Nutrizionale)

-Modello Respiratorio-Circolatorio

-Modello Biopsicosociale

 

Modello Biomeccanico-Strutturale:

 Il modello biomeccanico-strutturale vede la salute del sistema muscolo-scheletrico e dei suoi gruppi interconnessi di ossa, muscoli, legamenti, tendini e fasce. I disturbi dell'apparato muscolo-scheletrico provocano disturbi dei riflessi spinali e conseguenti disfunzioni di strutture somatiche e viscerali che portano alla morbilità (10).

L'incidenza degli infortuni sul lavoro è legata a fattori fisicamente impegnativi, tra cui lo sforzo fisico sostanziale, il sollevamento o il trasporto di più di 4.5 kg, l'uso di scale e pendenze, l'inginocchiarsi o l'accovacciarsi (4)

 Come si interviene?

Una proposta di intervento utilizzata consiste in una metodica di esami pre-collocamento in modo da individuare i lavoratori che potrebbero avere un rischio più elevato di malattie professionali, infortuni o assenze per malattia se il posto di lavoro viene loro affidato. Se non si assumono candidati con un rischio maggiore per la salute, è possibile prevenire malattie o infortuni. (11)

Tuttavia, in letteratura sono presenti pochi studi che dimostrino le reale efficacia di questa proposta, soprattutto riguardo i disturbi muscoloscheletrici, sono necessari in futuro studi di valutazione più numerosi e di maggiore qualità.

I programmi di formazione cercano di ridurre il rischio di infortuni alla schiena correlati al lavoro aumentando le conoscenze dei partecipanti, modificando così i comportamenti dell'individuo per ridurre il rischio biomeccanico.

Questi programmi trattano tipicamente anatomia, biomeccanica, sollevamento, cambiamenti posturali ed esercizi da fare a casa. Purtroppo, una revisione sistematica (12) e una meta-analisi (13) hanno presentato prove forti e coerenti che l'educazione da sola non sembra prevenire dolori a collo e alla schiena.

Nemmeno l’utilizzo di plantari e busti lombari risulta efficace nella prevenzione di dolori lombari (14-15).

 

Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) può essere utilizzato per la prevenzione primaria ottimizzando il sistema muscoloscheletrico dei lavoratori, per la prevenzione secondaria degli infortuni come parte di un programma di intervento precoce sui sintomi, o per la prevenzione terziaria come componente di un programma completo di gestione degli infortuni (10).

Associato a questo, un valido approccio di prevenzione è, secondo la ricerca, l'allenamento della forza (16). Secondo due studi svolti in Veneto nel 2015, l'implementazione dell'allenamento della forza sul posto di lavoro a fine giornata lavorativa 2 volte a settimana ha fatto emergere notevoli risultati: il programma di esercizi è stato condotto da un specialista dell'esercizio fisico, ed è stato eseguito in una stanza dedicata, il primo mese di attività è stato dedicato alla familiarizzazione con l'esercizio generale mentre nei mesi successivi ciascuna sessione di allenamento era strutturato in tre parti e durava circa 30 min complessivamente. La prima parte (~ 8') prevedeva esercizi di riscaldamento, a livello molto basso di intensità, caratterizzata dalla mobilizzazione attiva del rachide lombare, dorsale e cervicale, oltre a esercizi di mobilizzazione della spalla e l'arto superiore.

Tutti i soggetti sono stati sottoposti a un programma su misura, in cui gli esercizi erano personalizzati in base al loro dolore o ai loro limiti.

Sono stati eseguiti inoltre esercizi di forza con manubri ed elastici, ed infine, dopo ogni allenamento, venivano eseguiti esercizi di posizioni di stretching mantenute da 60 a 90 sec. (17-18).

 

Modello Neurologico:

 Il modello neurologico considera l'equilibrio autonomo, l'attività riflessa neurale, la facilitazione dei segmenti, i segnali nervosi afferenti e la nocicezione che contribuiscono a infortuni e malattie. Con il modello neurologico, il medico quindi, considera le funzioni del sistema nervoso centrale e periferica del paziente, incluse entrambe le componenti sia somatiche che autonome (19).

Le implicazioni di questo modello sono particolarmente importanti per i lavoratori con preesistente deficit propriocettivo, sensibilizzazione periferica, sensibilizzazione centrale, disfunzione autonomica o fibromialgia (Se vuoi saperne di più sui meccanismi fisiopatologici del dolore e della sensibilizzazione del dolore, leggi sul mio sito “Post 03 – Fibromialgia, come si può intervenire?”).

 

Come si interviene?

L'OMT è diretto a ripristinare la normale funzione muscolare e mobilità articolare per ridurre il livello di input afferenti al midollo spinale e cervello (SNC) (20), ed è anche usato per ripristinare equilibrio del sistema nervoso autonomo (21).

Secondo uno studio italiano pubblicato nel 2015, tecniche di equilibrio tensionale legamentoso, di equilibrio tensionale membranoso e tecniche cranio-sacrali, possono influenzare l'attività del sistema nervoso autonomo aumentando la funzione parasimpatica e diminuendo l'attività simpatica, rispetto a terapia fittizia e gruppo di controllo (22), facendo sì, tra le altre cose, che diminuisca la frequenza cardiaca, aumenti l’attività peristaltica e migliori la minzione.

 

Modello Energetico-Metabolico:

Il modello energetico-metabolico (nutrizionale) affronta la necessità di equilibrio omeostatico tra le riserve di energia del corpo e la domanda di energia. L'obiettivo di questo modello è quello di ottimizzare i meccanismi di autoregolazione e di auto-guarigione promuovendo un’equilibrata spesa e scambi energetici, che aumentino le funzioni cellulari, dei tessuti e degli organi (23).

Questa autoregolazione la si ottiene attraverso consulenze nutrizionali, dieta, e consigli di esercizi. (24) Secondo questo modello, inoltre, qualsiasi fattore (ad esempio, età avanzata, cattiva alimentazione, fumo e obesità) che limita le riserve fisiologiche di una persona aumenterà il rischio di infortunio, ritardo nel recupero e menomazione (23).

La ridotta disponibilità di ossigeno (ad esempio nel fumatore) riduce il reclutamento delle fibre muscolari di tipo I (a contrazione lenta) resistenti alla fatica.

Di conseguenza, è necessario attivare un maggior numero di fibre muscolari di tipo II (a contrazione rapida) in condizioni di ipossia per mantenere un carico di lavoro costante. Le fibre muscolari di tipo II sono associate ad un maggior tasso di accumulo di metaboliti e di sviluppo della fatica rispetto alle fibre muscolari di tipo I (25- 26).

I muscoli fasici (volti a compiere movimenti rapidi ma non di tenuta) hanno una maggiore proporzione di fibre di tipo II, le quali hanno un alto contenuto di enzimi glicolitici e di attività di miosina ATPasi e dipendono dal metabolismo anaerobico (27).

Quindi, questi muscoli si affaticano rapidamente e rispondono all'irritazione indebolendosi; questo indebolimento è un problema significativo che produce uno squilibrio muscolare associato ad una meccanica articolare anormale e a un affaticamento precoce (27).

Squilibri muscolari preesistenti aumentano la suscettibilità del lavoratore a questo effetto. I muscoli fasici devono lavorare di più per compensare la disfunzione del muscolo tonico, al fine di mantenere i corretti schemi di movimento (28). Quando i muscoli fasici si affaticano, la capacità di compensazione viene meno e si verifica un infortunio.

 Come si interviene?

Gli interventi per la cessazione del fumo dovrebbero essere inclusi in ogni livello di prevenzione degli infortuni. Il fumo sembra abbassare la soglia della fatica, riducendo al contempo la capacità aerobica massima, inoltre, riduce l'attività nervosa parasimpatica e attiva il controllo cardiaco simpatico (29).

Sono noti anche effetti negativi sui dischi intervertebrali, muscoli, tendini, cartilagini e legamenti (30).

Esiste una relazione positiva tra il numero medio giornaliero di sigarette, il numero totale di sigarette fumate nella vita e la gravità degli strappi della cuffia dei rotatori.

Il fumo è anche un forte fattore di rischio per la rottura del tendine bicipitale distale: i fumatori hanno un rischio 7,5 volte maggiore di rottura del tendine bicipitale distale rispetto ai non fumatori (31). I medici di medicina del lavoro dovrebbero sottoporre a screening tutti i lavoratori infortunati per il consumo di tabacco, offrire consulenza per la cessazione del fumo e fornire la farmacoterapia quando appropriato (32).

Ovviamente anche una corretta alimentazione è fondamentale sia nella prevenzione di infortuni che nella guarigione, per cui è sempre bene affidarsi a figure professionistiche adeguate.

 

 Modello Respiratorio-Circolatorio:

Il modello respiratorio-circolatorio considera il ruolo svolto dalla circolazione del sangue e della linfa attraverso l'organismo per mantenere l'ambiente extracellulare e intracellulare, fornendo ossigeno e nutrimento, eliminando al contempo i rifiuti metabolici (10-19).

Le malattie cardiache, le malattie respiratorie, le malattie vascolari periferiche, l'insufficienza venosa e le disfunzioni muscolo-scheletriche interferiscono con la funzione respiratoria-circolatoria, aumentando così il potenziale di sviluppo di malattie e ritardando il recupero dagli infortuni.

 Come si interviene?

 Le tecniche di OMT utilizzate in questo modello sono tecniche volte a migliorare la circolazione locale e il conseguente miglioramento dell'apporto di sostanze nutritive, una maggiore rimozione delle scorie metaboliche e una riduzione del gonfiore (33). Queste tecniche vengono solitamente eseguite dopo aver trattato disfunzioni somatiche delle zone di transizione della colonna vertebrale.

Le zone di transizione sono aree suscettibili di disfunzioni somatiche e di stress biomeccanico che portano a tensioni fasciali ed a un'alterata funzione diaframmatica.

La disfunzione in queste regioni provoca alterazioni dei gradienti di pressione tra le zone, influenzando negativamente il meccanismo di pompaggio respiratorio e la circolazione venosa e linfatica (34).

 Modello Biopsicosociale:

L'obiettivo del modello biopsicosociale è quello di migliorare gli elementi psicologici e sociali della salute generale (10). Questo modello riconosce che i risultati del paziente sono fortemente influenzati dalla percezione che il paziente ha del contesto ambientale e psicologico del disturbo primario.

I fattori di rischio psicologico per gli infortuni includono aspetti disfunzionali di pensieri, sentimenti e comportamenti che ostacolano il raggiungimento dell'omeostasi.

I fattori di rischio sociali sono fattori di stress esogeni, come ad esempio la mancanza di controllo sul lavoro o lo scarso sostegno da parte del supervisore.

Questi fattori di stress costituiscono un ostacolo alla guarigione per gli individui che si affidano a strategie di coping passive come l'evitamento, la soppressione, la ruminazione e la motivazione abituale (35-36).

La catastrofizzazione, l'ansia e le emozioni negative facilitano le vie discendenti eccitatorie del dolore inibendo invece le vie discendenti inibitorie (37).

I fattori psicologici, in particolare l'angoscia, l'umore depressivo e la somatizzazione, aumentano ad esempio la vulnerabilità alla transizione dalla lombalgia acuta a quella cronica (38).

 Come si interviene?

 A fronte di numerosi problemi legati alla psiche dei lavoratori, le aziende potrebbero offrire uno screening periodico per la depressione, l'ansia e i disturbi da uso di sostanze come componente del programma di benessere aziendale.

Una metanalisi sistematica (39) ha esaminato l'efficacia degli interventi per la salute mentale sul luogo di lavoro per facilitare il recupero dei dipendenti con diagnosi di depressione o ansia e ha riscontrato una moderata evidenza per due interventi di prevenzione primaria, tra cui il miglioramento del controllo dei dipendenti e la promozione dell'attività fisica.

Sono state riscontrate inoltre prove più solide per la gestione dello stress basata sulla terapia cognitivo-comportamentale.

L'aggiunta di interventi cognitivo-comportamentali sembra portare a un minor numero di visite sanitarie, a un minor assenteismo lavorativo e a una minore inabilità a lungo termine per i pazienti con dolore correlato al lavoro (40-41).

Un rapporto dell'Istituto di Medicine del 2011 sul dolore (42) ha raccomandato di fornire ai pazienti un'educazione al dolore incentrata sull'autogestione e sui fattori biologici e psicologici nelle prime fasi del percorso del paziente per evitare che il dolore diventi cronico.

Fornire materiale scritto di educazione al dolore da solo non ha dimostrato di modificare le percezioni (43), tuttavia, è stato notato un miglioramento quando lo stesso materiale scritto viene fornito con due sessioni educative faccia a faccia. L'educazione alla fisiologia del dolore è indicata quando il quadro clinico è caratterizzato da sensibilizzazione centrale e quando sono presenti percezioni maladattivo della malattia (43).

 Il modello biopsicosociale è di fondamentale importanza poiché eventuali problematiche riguardanti questo modello non affrontate, influiscono inevitabilmente in modo negativo le altre misure di prevenzione.

 

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