Post 08- Correlazione tra osteopatia e psicologia come medicina di Terreno.

Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) è una terapia manuale, i cui fondamentali principi filosofici affermano che gli esseri umani sono un'unità composta da corpo, mente e spirito, capace di autoregolarsi e di mantenere un corretto stato di salute interagendo con l'ambiente; l’OMT comprende test di diagnosi e tecniche manuali di trattamento, fondati sulla relazione tra struttura e funzione, sull’ autoregolazione e sul concetto di unità del corpo (1,2).

Seguendo questa filosofia, l’osteopatia considera il “terreno” individuale di ciascun paziente, ponendo attenzione alla costituzione, allo stile di vita, all’ambiente e ai possibili fattori di stress che lo circondano. L'osteopatia intesa come medicina di terreno è quindi un approccio olistico (che considera la totalità del corpo) al paziente e che richiede un'analisi attenta e approfondita della sua storia, di cui si considerano i sintomi, ma soprattutto i motivi per i quali si è creata una determinata condizione.

 

Di conseguenza, durante una prima visita osteopatica è importante tenere bene presente il concetto di “body- story” del paziente, ovvero “la storia del corpo”, che viene co-costruita dal paziente stesso e dall’operatore attraverso domande specifiche volte ad esplorare l’eziologia e la fisiopatologia (la causa e le modificazioni di una patologia) del motivo del consulto.

 

L’articolo di Gale (2011) (3) (Ricercatore dell’Università di Birmingham) spiega alcune differenze tra i criteri adottati in biomedicina e in osteopatia: se nel primo caso, l’obiettivo è quello di giungere ad una diagnosi, nel secondo è comprendere in che modo il disturbo si è manifestato nell’organismo, nel corpo, e vorrei aggiungere anche nella mente, in risposta a stimoli esterni ed interni, per poi osservare come si è protratto nel tempo fino al momento del consulto.

Inoltre, mentre i criteri diagnostici biomedici sono strumento di scelta per un trattamento appropriato e non hanno un ruolo intrinseco nel processo di guarigione, il concetto di “body-story” in osteopatia ne è parte integrante, dunque inseparabile dal trattamento.

Pertanto, è bene considerare il concetto di “eredità”, cioè l’insieme delle esperienze incarnate nella persona ed immagazzinate nei tessuti: traumi emotivi e fisici possono lasciare tracce nel corpo, come tensioni, dolori o adattamenti.

Ma come si collega tutto questo alla psicologia?

Come già descritto, la mente e il corpo sono strettamente interconnessi. Nella pratica clinica degli osteopati questo principio è sempre più riscontrabile, tanto da affermare che le condizioni psicologiche ed emotive influenzano la salute fisica e viceversa.

Lo stress, l'ansia, la depressione e altri disturbi mentali hanno un impatto significativo sul corpo, tale da provocare tensioni muscolari, disfunzioni viscerali e disturbi del sonno, citando solo alcuni esempi.

 

In questo periodo storico, lo stress è considerato un fattore estremamente presente, invalidante e talvolta costante, a causa dell’impatto che la cultura Occidentale ha sulla maggior parte della popolazione. Una società come quella di oggi, volta alla produttività, ha imposto a ciascuno uno stile di vita frenetico, rendendo sempre più frequenti le reazioni da stress indotte dalla costante esposizione a stressors (ogni causa o stimolo che può indurre una condizione di stress) di differente entità. La situazione peggiora se si analizzano i dati post-pandemia: “Un adolescente su quattro (il 16%), soffre di depressione, disturbi comportamentali, ideazione suicidaria, episodi di autolesionismo, alterazione del ritmo sonno-veglia, ritiro sociale, forme di violenza” (La Stampa, 16 Maggio 2023).

Secondo uno studio condotto nel 2009 dall’AISIC (Associazione Italiana contro lo Stress e Invecchiamento Cellulare) e dall’Università “La Sapienza”, il 70% delle morti in Italia è dovuto a malattie causate da stress (37). Da questi dati si evince quanta sia la diffusione dello stress nel nostro paese, così come su scala continentale, i cui dati epidemiologici europei rivelano come sia una condizione ad impatto elevato (17).

In molti casi, le complicanze fisiopatologiche di una patologia derivano direttamente dallo stress e dalle abitudini ad esso associate, come lavorare o vivere in un ambiente non idoneo. Si crea così una maggior probabilità di subire:

-effetti sul Sistema nervoso, come danni strutturali e cambiamenti in diverse parti del cervello (4), atrofia della massa cerebrale e riduzione del peso (5).

-effetti sulla Memoria, come visto in vari studi che hanno dimostrato quanto lo stress sia in grado di causare cambiamenti funzionali e strutturali nella sezione dell'ippocampo del cervello (6). Questi cambiamenti strutturali includono di nuovo atrofia, disturbi della neurogenesi (7) e riduzione del numero di neuroni (8).

-effetti sul Sistema Immunitario, in quanto è stata dimostrata l'associazione tra stress e conseguente compromissione del sistema immunitario su persone continuamente sottoposte (9).

-effetti sul sistema Cardiovascolare, questo perché lo stress agisce sulla frequenza cardiaca (10); a seconda della risposta simpatico-vagale (attività parasimpatica del nervo vago di regolazione), il battito cardiaco aumenterà o diminuirà (11). Di conseguenza lo stress agisce sulla funzione cardiovascolare e sulla pressione sanguigna (12): stimola il sistema nervoso simpatico autonomo aumentando la vasocostrizione, la quale può incrementare la quantità di pressione sanguigna, di lipidi nel sangue, di disturbi nella coagulazione, di alterazioni vascolari o aterosclerosi; problematiche che possono provocare aritmie cardiache e successivo infarto del miocardio (13).

-complicanze Gastrointestinali, in quanto lo stress può sia influenzare l’appetito (14), che influenzare negativamente sulla normale funzione del tratto gastrointestinale. Alcuni studi scientifici hanno dimostrato come risulti dannoso nel processo di assorbimento digestivo, di permeabilità intestinale, nella produzione di muco e nella secrezione acida dello stomaco (15), tanto da causare Reflusso Gastro Esofageo. (16)

Un numero sempre più elevato di studi invece, evidenzia come lo stress condizioni la salute non solo attraverso processi fisiologici diretti, ma anche attraverso la scelta degli alimenti e la loro assunzione (17). L’organismo risponde ad un evento stressogeno con lo sviluppo di cattive abitudini come alimentarsi scorrettamente, ricorrere al cibo con finalità consolatorie o compensatorie, trascurare il proprio benessere fisico, preferire la sedentarietà. Sono tutti fattori che contribuiscono allo sviluppo di alterazioni neuro - endocrino - immuno - metaboliche che, a loro volta, favoriscono lo sviluppo di veri e propri disturbi. Ne è un esempio l’obesità, uno dei problemi più delicati in termini di salute, ad oggi sempre più frequente (18).

L’osteopatia può aiutare? Come?

L'osteopatia può aiutare a ristabilire l'equilibrio tra il corpo e la mente. Le manipolazioni osteopatiche non solo possono alleviare le tensioni muscolari e le disfunzioni articolari, ma possono anche influire sul sistema nervoso autonomo, che regola molte funzioni vitali del corpo, comprese quelle legate alle emozioni e al benessere mentale.

Il fine del trattamento osteopatico (considerando il “terreno” citato in precedenza) è quello di ristabilire l’omeostasi del corpo del paziente: attraverso il trattamento delle disfunzioni riscontrate si vuole restituire l’ottimale funzionalità del sistema di autoregolazione del corpo, con lo scopo di raggiungere un buono stato di salute.

Il corpo è un network molto complesso: le cellule del sistema nervoso, endocrino e immunitario rilasciano molecole che stimolano alla periferia sia il sistema endocrino che del sistema nervoso periferico (SNP). Successivamente, in periferia, il sistema nervoso rilascia molecole che in parte andranno a retroagire sul sistema endocrino e sul SNP regolandone le funzioni e, in parte, raggiungeranno il SNC, che provocherà una reazione allo stimolo emozionale. È attraverso la fascia (struttura di tessuto connettivo che avvolge muscoli, vasi sanguigni e nervi) che troviamo il sistema recettoriale. Di conseguenza, attraverso il tocco, l’osteopata influenza il SNP.

Il tocco osteopatico, oltre ad esercitare un effetto biologico, influenza anche funzioni psicosociali: è un modo di comunicare (32,33,34) e di rassicurare il paziente, e di conseguenza, è parte integrante del rapporto paziente-operatore, che ha come obiettivo la salute (33).

I pregiudizi e i pareri del paziente nei confronti del tocco dell'operatore sono influenzati da fattori psicologici individuali (ad esempio le aspettative), dalle loro esperienze passate (17), e quindi sono a loro volta in grado di modulare il risultato clinico (36).

Il sistema nervoso ortosimpatico si iperattiva sotto stress ed è in grado di aumentare la tonicità fasciale. Secondo uno studio di Bhowmick (medico ricercatore) e colleghi (19), le fibre ortosimpatiche, tramite il rilascio di Fattori di Crescita Trasformanti Beta1 (TGF-β1, una citochina che svolte il ruolo di regolatore e ruolo nell’immunità di alcune malattie) creano un abbassamento del pH tissutale con conseguente aumento della contrazione dei miofibroblasti.

Questo processo crea un circolo vizioso in cui l’aumento della tonicità fasciale stimola il SNA che rilascia TGF-β, che a loro volta stimolano le fibre ortosimpatiche (aumentando la tonicità fasciale nuovamente) (20).

Il corretto funzionamento del SNA sostiene una buona capacità adattativa del paziente di fronte agli stressors sia fisici che psichici, migliorando quindi la capacità di coping (capacità di adattamento ad una situazione stressante).

 

Nei pazienti stressati l’efficacia del OMT viene giustificata dal miglioramento di processi fisiologici che avvengono localmente, come la riduzione del tono muscolare, la vasodilatazione locale, la riduzione della viscosità tissutale e del tono dei miofibroblasti (cellule del tessuto connettivo con capacità contrattili); e centralmente, per il ruolo che il trattamento ha sul meccanismo vagale (sistema parasimpatico), quinti anti-infiammatorio e anti-dolorifico.

Un altro aspetto importante dell'osteopatia è lo spazio di ascolto e di cura che fornisce. Gli osteopati dedicano gran parte del tempo a comprendere il paziente nel suo insieme, non solo dal punto di vista fisico, ma anche emotivo. Questo approccio empatico ha un’azione significativa sul benessere complessivo del paziente e sulla relazione terapeutica.

A tal proposito, reputo importante citare lo Psicologo Daniel Goleman, il quale nel suo libro "Intelligenza Emotiva" descrive come un terapeuta può aiutare un paziente sotto più punti di vista.

L’osteopata come può aiutare?

Attraverso:

- la consapevolezza corporea

L'osteopata può aiutare il paziente a sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio corpo e delle sensazioni fisiche associate alle emozioni.

- una comunicazione empatica

Durante le sedute l’osteopata può instaurare una comunicazione empatica con il paziente, ascoltandolo attivamente e dimostrando comprensione. Questo tipo di interazione crea un ambiente accogliente in cui il paziente può esprimersi liberamente. L’empatia, infatti, consiste nella capacità dell’operatore di relazionarsi al paziente in maniera comprensiva e di immedesimarsi in esso, osservando dalla sua prospettiva le esperienze vissute. Diversi studi in letteratura mostrano come livelli elevati di empatia migliorino la qualità della relazione tra operatore e paziente (25).

L’osteopata non ha il compito di sostituire il professionista della salute mentale, bensì di integrare la terapia; a tal proposito, è utile considerare un’alleanza terapeutica sia tra professionista e paziente, che tra professionista e professionista.

PROFESSIONISTA-PAZIENTE:

Alleanze positive con i pazienti predicono risultati positivi (21) e contesti positivi includono alleanze efficaci e una comunicazione chiara sulle aspettative (22). La comunicazione costruisce alleanze attraverso la comprensione prima, durante e dopo l’atto terapeutico (23).

Due fattori fondamentali, utili per ogni terapista, dei quali si sono occupati di approfondire Rossettini (professore e ricercatore dell’Università di Genova) et al. (2018) sono l’effetto placebo e nocebo, risposte psico-neurobiologiche che modulano il dolore e producono cambiamenti a livello neurobiologico corporeo, a livello percettivo e cognitivo; queste modifiche sono innescate da diversi fattori contestuali (CF) che si presentano nell'incontro terapeutico tra paziente e operatori sanitari (24). I Fattori Contestuali sono un insieme complesso di elementi interni, esterni o relazionali che comprendono le aspettative del paziente, la sua storia, le sue caratteristiche di base, il comportamento del medico, le sue convinzioni, i suoi suggerimenti verbali e il suo tocco terapeutico.

I CF hanno un’efficacia diretta sulla qualità del risultato terapeutico: un contesto positivo, cioè caratterizzato dalla presenza di CF positivi, può ridurre il dolore producendo effetti placebo, mentre un contesto negativo, caratterizzato dalla presenza di CF negativi, può enfatizzare il dolore creando effetti nocebo.

PROFESSIONISTA-PROFESSIONISTA:

Il concetto di terapia multidisciplinare ha preso larga scala negli ultimi anni, evidenziando i grandi risultati che può portare ai pazienti.

Citando qualche esempio, Kamper et al. (professore università di Sydney) hanno condotto una revisione sistematica di 41 studi randomizzati e controllati (RCT). (26-27)
La lombalgia cronica è stata definita tale se persistente per più di tre mesi. La gravità è stata classificata come elevata se i partecipanti riportavano più del 60% del punteggio massimo. I programmi sono stati considerati multidisciplinari se contenevano interventi fisici e psicologici e/o socio-occupazionali, erogati da almeno due professionisti diversi. Gli interventi fisici includevano terapie manuali, esercizi di stretching, rafforzamento e aerobica. Gli interventi sono stati considerati ad alta intensità se comprendevano più di 100 ore di contatto faccia a faccia.
I risultati primari comprendevano la gravità del dolore, la disabilità e l'assenza dal lavoro, misurati a breve termine (tre mesi di follow-up), a medio (da tre a dodici mesi) o a lungo termine (più di 12 mesi).
Gli studi hanno incluso 6858 partecipanti con un'età media di 40-45 anni e una durata media del dolore di oltre un anno.
Sette studi incentrati sul confronto con le cure abituali hanno dimostrato che la riabilitazione multidisciplinare ha ridotto significativamente i punteggi del dolore di circa 0,5 punti su una scala del dolore a 10 punti e i punteggi di disabilità in sei studi sono diminuiti di circa 1,5 punti sulla scala Roland-Morris a 24 punti. Nove studi di confronto tra interventi fisici hanno dimostrato che la riabilitazione multidisciplinare ha ridotto i livelli di dolore e ha diminuito significativamente la disabilità.

Di rilevante importanza è l’approccio al paziente che ha subito un trauma di tipo psicoemotivo, inteso come un evento altamente stressante mentale o fisico che travolge le strategie di coping esistenti (capacità di adattamento a situazioni stressanti). Esso include risposte a singoli eventi come disastri naturali, incidenti, morti o crimini, ma anche esperienze croniche quali abusi infantili, negligenza, relazioni violente e privazioni (28). È importante capire che l'evento traumatico sia definito dall'esperienza del sopravvissuto: due persone potrebbero vivere lo stesso evento e una di loro potrebbe percepire l'esperienza come traumatica, mentre l'altra no (29).

Gli effetti delle esperienze traumatiche possono essere molteplici. Ad esempio, i sopravvissuti al trauma possono sperimentare ansia e depressione, abuso di sostanze, disturbi alimentari o della personalità; bambini e adulti traumatizzati perdono la capacità di usare le emozioni per agire in modo efficace, quindi, possono non riuscire a identificare correttamente le proprie sensazioni, emozioni e stati fisici, il che può portare a difficoltà nell'apprezzare gli stati emotivi e i bisogni degli altri.

 

A livello fisiologico, invece, il trauma deriva dall'incapacità dell'attivazione fisiologica e della risposta ormonale di organizzare un comportamento efficace nei confronti di una minaccia: mentre in un individuo sano si produrrebbe una risposta di lotta o di fuga, l'individuo traumatizzato spesso si immobilizza, dando luogo a una risposta comportamentale condizionata (30).

Con il passare del tempo, queste risposte, inizialmente salvavita, si trasformano in fattori di stress. Una persona con un passato traumatico può presentare una risposta autonomica costantemente mantenuta nello stato difensivo.

 

L'obiettivo dell’OMT quindi, sarà quello di promuovere il rilassamento della mente e corpo, bloccando attivamente l'ipereccitabilità e gli effetti ortosimpatici sul cuore, oltre ad attenuare l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (sistema di risposta neuroendocrina allo stress), grazie agli effetti che l’osteopatia ha sul sistema nervoso autonomo precedentemente citati (31).

Il paziente sarà attivamente coinvolto nel processo di guarigione, il trattamento lo aiuterà ad acquisire le competenze per accedere progressivamente ad uno stato di rilassamento durante la vita quotidiana; inoltre, sarà incoraggiato a rivolgere l’attenzione al presente piuttosto che al passato, a stabilire relazioni positive e soddisfacenti con sé stesso e con gli altri, e a perseguire obiettivi che diano un senso alla sua vita.

In conclusione, l’osteopatia come medicina di terreno abbraccia una prospettiva olistica della salute, considerando il corpo come un sistema interconnesso dove la psicologia gioca un ruolo fondamentale. Questa sinergia apre la strada a trattamenti che non solo alleviano i sintomi, ma promuovono un equilibrio più profondo tra corpo e mente. In un mondo in cui il benessere complessivo è sempre più importante, l’integrazione di queste due discipline offre un approccio promettente per il miglioramento della qualità della vita di una persona.

 

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